Accanto a Qualcuno, Davanti a Qualcosa – Io e le RSA

Questo progetto nasce da una specie di vocazione, cioè quella di cercare di abbattere gli stereotipi che circondano le strutture, i centri diurni, o altre realtà che creano progetti ad hoc per gli anziani, per persone che hanno diversi tipi di problematiche, ma anche per i loro famigliari, cercando di creare una rete fra tutte queste realtà, che spesso sono lasciate sole.

Con Linda Ciarrocchi e con la disponibilità di Luigi Lotti, presidente delle due strutture della RSA Ciapetti di Castelfiorentino, e soprattutto con la pazienza e l’accoglienza da parte degli ospiti e dei parenti abbiamo lavorato costantemente a questo progetto tramutatosi, in uno storytelling fotografico, ben 8 mesi di lavoro, cercando di catturare tutte le varie sfaccettature che queste strutture hanno.

L’Obiettivo del progetto è quello di esportare, di far conoscere, di sensibilizzare le persone esterne affinché le RSA vengano viste come un’opportunità, un insieme di “micro-mondi” dove non regna la morte e la malinconia, ma dove ci sono piccole comunità con progetti strutturati per il benessere sia fisico che mentale delle persone, perché all’interno oltre agli ospiti ci sono persone che cercano di lavorare sempre al meglio per gli anziani, qualsiasi sia la problematica, facendo spesso lavori duri.
Lo stigma verso queste persone deve essere abbattuto, la dignità va riconsegnata a queste persone perché sono la nostra storia, la nostra memoria, i nostri cari.
Lo stigma poi finisce per ricadere anche sui parenti, che spesso si trovano in situazioni dove non possono offrire cure adeguate da casa, ma che poi per paura tendono a diffidare delle strutture perché credono di abbandonare il proprio caro, ma non è così, anche qui il concetto di creare rete tra i familiari e la struttura e gli enti esterni, diventa importantissimo, perché l’avere un sostegno accanto, un punto di riferimento fermo non è importante solo per l’ospite ma anche per i parenti.

Le RSA sono già una risorsa sociale per il nostro tempo, ma lo diventeranno ancora di più nel futuro, perché secondo una ricerca ISTAT entro il 2065 la vita media crescerà di oltre cinque anni per entrambi i generi, giungendo a 86,1 anni e 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,6 e 85 anni nel 2016, e già attualmente, rifacendosi a una ricerca AUSER del 2012, in Italia si stima la presenza di circa 4,1 milioni i cittadini non autosufficienti, di cui circa 3,5 milioni sono anziani (Censis, 2012) e questo numero andrà soprattutto a salire, in particolar modo per patologie come l’Alzheimer.
All’interno di queste strutture e anche fuori, stanno nascendo tanti progetti e attività che mirano alla restituzione della dignità della persona, riqualificandola e rendendola nuovamente una risorsa per la nostra società.
Lo scopo principale di queste iniziative è il benessere dei partecipanti, sia per le persone con patologie sia per gli accompagnatori.
Da fine 2017, ho la fortuna di collaborare, come fotografo, a uno di questi progetti studiato ad hoc da Barbara Fedeli, coordinatrice dell’accessibilità dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Laura Biagioli, animatrice geriatrica della Casa di Riposo C.S.D. Il Gignoro, e Giulia Giorgi, animatrice geriatrica della RSA le Magnolie.
Il progetto a cura dell’Opera di Santa Maria del Fiore si chiama CoOPERAtività e fa parte del programma LIGET; si prefigge attraverso attività dialogiche e di narrazione creativa realizzate nel Museo e nei monumenti dell’Opera di Santa Maria del Fiore una serie di obiettivi: promozione del benessere, espressione, gestione e condivisione delle emozioni, trovare nuove forme di comunicazione, generare opportunità di inclusione sociale abbattendo lo stigma che circonda le persone con decadimento cognitivo e le loro famiglie, integrarsi in una rete di supporto culturale e sociale.
Il nome CoOPERAtività nasce dall’unione di più parole, è legato a collaborazione, come insieme di esperienze, competenze, storie, emozioni e pensieri, al nome dell’istituzione Opera di Santa Maria del Fiore ed infine alla creatività come anche operosità, attività, elemento importante da stimolare quotidianamente nella vita delle persone anziane in genere e non solo.
Lo staff è composto da due operatrici museali, due animatrici geriatriche, uno psicologo ed un fotografo, per testimoniare e valutare qualitativamente e quantitativamente lo svolgimento e la programmazione delle attività. Questa è una delle splendide realtà che si stanno sviluppando nel nostro territorio e che aiutano a creare rete fra i vari enti, creando dialogo fra musei e RSA, condividendo gli approcci e le metodologie, durante le varie attività.

E’ ora il tempo di far uscire le paure, di mostrarsi e di combattere le realtà e tutti quei vari stereotipi ingiusti che circondano questi enti mentre in realtà svolgono un servizio essenziale; ci vuole più vicinanza verso tutte le persone di cui ne fanno parte e soprattutto ci vuole più conoscenza.
Lo scopo finale di questa mostra e di questi progetti – fotografici e non – vuole essere quello di aiutare le persone a riflettere su questi piccoli feudi che sono molto più vicini a noi di quanto si voglia pensare e il mio modo di fotografare, e le mie opportunità, vogliono essere uno strumento per poter sensibilizzare le persone.

La voce delle api

L’apicoltore.
Questo progetto, come altri, nasce dalla mia esigenza di parlare, lottare per le ingiustizie.
Fabio e Romeo.
L’inizio dell’apicoltura in casa Dei avviene nel 1925 quando si sposa la nonna di Fabio recando nel suo corredo due alveari; chi voleva dolcificare all’epoca sceglieva il miele perché lo zucchero era un bene di lusso, soprattutto per i contadini. Negli anni 60 la famiglia si divise e i nonni di Fabio trasferendosi portarono con loro oltre alla mobilia i due alveari che il padre di Fabio voleva ardentemente. Fu lui stesso ad andare a prenderli con la vespa e legati sul portapacchi, uno alla volta, li portò da Certaldo a Castelfiorentino (due comuni in provincia di Firenze), e li mise nell’orto. Da quel giorno Romeo se ne prese sempre cura nonostante la pasticceria anche se per un periodo le portò da alcuni amici ma l’impegno e il nomadismo per le arnie non era positivo. Negli anni 80, Romeo, il padre di Fabio, in località Fossati (Certaldo) comprò un pezzo di terreno col bosco per le api, costruendo una sorta Eden per gli alveari, tant’è che durante dei controlli, gli chiesero se la sera andasse a metterle perfino a letto una a una, perché erano più curate che in un hotel a 5 stelle.
Al massimo dell’espansione arrivò a ben 80 alveari, mentre l’anno migliore per la qualità del miele lo raggiunse nel 1996, ottenendo il primo premio del miele a Montalcino. Il padre si commosse tantissimo, nonostante il premio fosse una semplice onorificenza.
Fabio inoltre mi ha raccontato di aver visto il padre leggere con interesse solo libri sull’innovazione dell’apicoltura passando così dalle arnie fatte in casse di sapone, a quelle moderne. Questo passaggio è stato fondamentale perché quelle fatte con le casse di sapone non avendo telai facevano rimanere molte api incastrate nel miele dove poi morivano e dovevano essere ricostruite dalle api stesse ogni volta che veniva fatta la smielatura rendendole stanche e senza energie.
La campana evolutiva delle loro arnie è partita da due alveari, ha avuto massima espansione a 80 e adesso si è fermata a 10 perché è sempre più complicato mantenerle al sicuro, a causa dell’inquinamento e dei pesticidi. Essendo animali molto sensibili ambiente, sentono l’avvelenamento che il nostro pianeta sta subendo.
Inoltre, mi spiega Fabio, ci sono dei parassiti arrivati dall’Asia e da altre parti, del mondo come la Varroa che le danneggiano molto.
A causa della globalizzazione è successo questo e di conseguenza le api vanno trattate sempre con antibiotici diversi perché questi parassiti diventano sempre più forte. Immaginate che alcuni apicoltori di Montalcino che non avevano capito di avere questo parassita hanno perso oltre 400 alveari. La Varroa è un parassita che entra nella cella e mangia il nutrimento delle api ; di conseguenza queste ne escono deformate perché non si sono potute sostentare a sufficienza.
Il problema che della Varroa è che sta diventando sempre più resistente e si sta diffondendo e moltiplicando in modo esponenziale. Alcuni apicoltori fanno il test del foglio unto: questo viene messo in fondo all’arnia e se lo si trova nero, allora vuol dire che la Varroa è presente. Adesso c’è un trattamento fatto con acido ossalico, che è biologico e quindi si può fare con una tecnica di sgocciolamento senza inquinare il miele, però ogni due anni si deve cambiare prodotto. Tutto questo riesce solo a tamponare il problema.
Questa storia ci fa capire come da un piccolo feudo, si possa riportare il problema delle api non solo a livello locale ma anche mondiale.
Mentre mi veniva raccontato tutto questo mi sono dovuto soffermare a riflettere sull’importanza che ha avuto l’amore di un padre verso il figlio e viceversa, cosa che ammetto di aver invidiato molto per alcuni aspetti; io e mio padre per esempio sulla fotografia discutiamo, sempre, mentre vedere questa complicità di Fabio, nel raccontare di suo padre, mi ha fatto venire i brividi, perché il sogno del padre che viene affidato al figlio e che lo porta avanti con amore, senza imposizioni, con tutte le difficoltà del caso é un bellissimo esempio per tutti.
Alcuni dati raccolti per mostrare la situazione globale.
Nel 2019, negli Stati Uniti è stata registrata una perdita del 43,7% delle api.
Il 70% dell’agricoltura dipende da loro – Le api sono indicatori ambientabili formidabili e ogni giorno ci dicono che abbiamo imboccato una strada che potrebbe essere senza ritorno. Eccesso di pesticidi tossici, agricoltura prevalentemente chimica, attività antropocentriche che erodono il suolo, inquinamento e tanto altro sono non solo all’origine della loro possibile estinzione ma di danni irreversibili anche per il genere umano. Le api e gli altri insetti impollinatori stanno morendo: ecco perché il Wwf chiede ai cittadini di agire direttamente per chiedere all’Unione europea il divieto dei pesticidi più pericolosi e maggiore sostegno all’agricoltura biologica. Il “Mondo che Verrà” non può fare a meno delle api e degli altri insetti impollinatori. Negli ultimi cinque anni sono scomparsi 10 milioni di alveari nel mondo, quasi 2 milioni l’anno, oltre 200mila solo in Italia. I cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e la diffusione di nuovi parassiti, stanno mettendo a rischio salute e sopravvivenza delle api, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Perché dal loro ruolo essenziale di impollinatori dipende il 70% della produzione agricola mondiale, quindi del cibo che portiamo a tavola. Tutti questi fattori, secondo molti scienziati, sono fra le cause che hanno scatenato Covid-19.

Mio padre

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Uno, Nessuno e Centomila – Pirandello 2.0

I ritratti che vedo, sempre belli, chiari e
perfetti, rispondono alla realtà?
Tutto ciò che ci sta rendendo sempre più
individualisti, costretti a recitare parti diverse
a seconda del contesto nel corso della nostra
giornata, affiora nelle foto dei volti?
Ho provato a mostrare ciò che per me è
l’alienazione verso noi stessi, verso il nostro
ego e verso la quotidianità che affrontiamo
muniti di maschere, nascondendo le
stranezze e quei “nei” che ci rendono unici.
Ecco perché prima di iniziare a scattare ho
chiesto ai soggetti di parlarmi di loro.
Ecco perché li ho esortati a fare ciò che
volevano dietro al vetro.
Ecco perché alla fine ho fatto scegliere a loro
la foto che li rappresentava di più.
Il vetro bagnato e opaco crea un’ulteriore
sensazione di estraniamento, come il velo di
Maya che separa noi esseri umani dalla
percezione del reale.